28 Marzo 2024
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Tar Lazio dichiara illegittimi costi autotrasporto

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Due sentenze emesse dal Tribunale Amministrativo approvano i ricorsi attuati da alcuni committenti contro i valori dei costi minimi redatte dal ministero dei Trasporti da settembre 2012 a novembre 2014. Quindi, annulla anche i valori stabiliti dopo la chiusura dell’Osservatorio.

La sentenza emessa il 21 gennaio 2017, e pubblicata il 21 febbraio, è un altro passo importante nella lunga vicenda dei costi minimi dell’autotrasporto, diventati ora costi d’esercizio, influendo anche sui ricorsi ancora aperti in diversi Tribunali italiani per ottenere il risarcimento dei costi non pagati dalla committenza. Infatti, i giudici amministrativi hanno deciso che i costi previsti dall’articolo 83 bis della Legge 112/2008 sono comunque illegittimi, anche se stabiliti dal solo ministero dei Trasporti, perché fissati con la stessa formula applicata dall’Osservatorio.
La vicenda è iniziata con due ricorsi avviati nel 2012 (poi integrati) contro le tabelle emesse dal ministero tra il 2012 e 2014. Il primo è firmato dalla Esso Italia nei confronti della Autosped G, il secondo è stato presentato da alcune imprese committenti e associazioni di categoria contro il ministero dei Trasporti e nei confronti della Fedit e dell’Autosped G.
In entrambi i casi, i proponenti hanno chiesto l’annullamento dei provvedimenti sui valori dei costi d’esercizio dell’autotrasporto pubblicati periodicamente da settembre 2012 (con riferimento ai trasporti di agosto) a novembre 2014 (con riferimento ai trasporti di luglio). Nel corso degli aggiornamenti del ricorso, i ricorrenti hanno motivato la loro richiesta con la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 4 settembre 2014, che ritiene incompatibili i costi d’esercizio stabiliti dall’Osservatorio sull’autotrasporto con la normativa comunitaria sulla libera concorrenza.
La difesa erariale ha ribattuto che nel 2012 le competenze dell’Osservatorio sono passate al ministero dei Trasporti, citando anche la sentenza della Corte Europea del 21 giungo 2016 che legittima i valori dei costi d’esercizio dell’autotrasporto presi da un organismo ministeriale, senza interventi di terzi. A questa testi, la controparte ha replicato il 5 gennaio 2017 e il Tar ha preso una decisione nell’udienza del 27 gennaio 2017, stabilendo che il ricorso è fondato e annullando quindi i citati provvedimenti del ministero dei Trasporti.
Nella motivazione, i giudici amministrativi ricordano innanzitutto la sentenza della Corte Europea del 2014 che ha “accertato il contrasto dell’articolo 83-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito in legge n. 133 del 2008, con l’articolo 101 TFUE e la conseguente violazione del principio di concorrenza tutelato dalla disposizione comunitaria”. Il testo prosegue affermando che “questo Tar, pertanto, come già avvenuto nel precedente di cui alla richiamata sentenza n. 2889 del 2015, nel prendere atto del contrasto tra norma interna e norma comunitaria, è obbligato, in virtù del principio di primazia del diritto comunitario, desumibile dal TFUE e dalla nostra Carta costituzionale (articoli 11 e 117 Costitusione), come interpretati dalla Corte costituzionale (sentenze n. 168 del 1991, n. 113 del 1985 e n. 170 del 1984), a disapplicare l’art. 83-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito in legge n. 133 del 2008, ossia proprio la norma attributiva del potere in virtù del quale sono stati adottati gli atti impugnati nel presente giudizio”.
Riguardo alla seconda sentenza della Corte Europea – quella che stabilisce la legittimità dei provvedimenti presi dopo l’abolizione dell’Osservatorio – il Tar del Lazio ritiene che essa non ha superato una delle criticità evidenziate dalla prima sentenza “ossia quella concernente la composizione e le modalità di funzionamento dell’Osservatorio: in realtà, come accaduto successivamente, il ministero ha proseguito nella determinazione mensile dei costi minimi utilizzando la medesima formula matematica già elaborata dall’Osservatorio con la delibera del 13 giugno 2012, non rinvenendo motivi per discostarsene”.
Il testo prosegue affermando che “quella delibera (del 13 giugno 2013), però, è stata anch’essa annullata dalla sentenza n. 2889 del 2015, per i motivi direttamente discendenti dalla pronuncia della Corte comunitaria, e – come correttamente evidenziato dalla ricorrente – non può di conseguenza escludersi l’effetto viziante pure sui successivi provvedimenti ministeriali di determinazione mensile (impugnati in questa sede) i quali – come detto – hanno acriticamente recepito quella delibera facendo mera applicazione della formula matematica già definita dall’Osservatorio (come riconosce la stessa difesa erariale)”.
Quindi, secondo i giudici, non conta l’abolizione dell’Osservatorio e il trasferimento delle sue competenze al ministero, che oggi redige mensilmente i valori dei costi d’esercizio, perché tale calcolo viene svolto con la stessa formula matematica usata dall’Osservatorio. Inoltre, i giudici affermano che la sentenza della Corte Europea del 21 giugno 2016 non è in contrasto con quella del 2014 perché “questa pronuncia del 2016, invero, ha riguardato la diversa fattispecie dei decreti ministeriali che, in forza della normativa transitoria di cui al comma 10 dell’art. 83-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito in legge n. 133 del 2008, dovevano essere adottati dal ministero in attesa che fossero disponibili le determinazioni dell’Osservatorio, e non può dunque essere riferita né al regime entrato in funzione con l’istituzione dell’Osservatorio né tantomeno con quello iniziatosi all’indomani della soppressione di quest’ultimo”.
La sentenza conclude che “come già statuito da questo TAR nella più volte richiamata sentenza n. 2889 del 2015, deve riaffermarsi la fondatezza della censura articolata sulla violazione del principio di concorrenza, di matrice comunitaria, avente carattere evidentemente pregiudiziale in quanto la stessa comporta l’inapplicabilità alla presente fattispecie della norma interna attributiva del potere amministrativo esercitato (ciò giustifica l’assorbimento degli altri motivi proposti), con conseguente accoglimento del gravame ed annullamento degli atti impugnati con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti”.

SENTENZA TAR LAZIO 02656/2017 COSTI AUTOTRASPORTO

SENTENZA TAR LAZIO 02655/2017 COSTI AUTOTRASPORTO

Tratto da: http://www.trasportoeuropa.it/index.php/home/archvio/9-autotrasporto/16058-tar-lazio-dichiara-illegittimi-costi-autotrasporto

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