Embargo Petrolio Russo: Che ne sarà della ISAB di Priolo, dell’indotto, e dei suoi 8000 lavoratori?
La decisione della Ue di stoppare le importazioni di petrolio russo, via nave, seppur con un tempo differito di sei mesi, agita i lavoratori e tutto l’indotto della ISAB, che controlla il Petrolchimico di Priolo a Siracusa. Tra qualche mese si troverà senza il greggio russo che arriva via nave per colpa dell’embargo.
La sua produzione è stata nel 2021 pari a 7 milioni di tonnellate di greggio lavorato: secondo i dati raccolti dal Financial Times a maggio sono già arrivati da Mosca nel nostro Paese 450 mila barili di greggio, quattro volte quello che importavamo a febbraio. Questo incremento è dovuto tutto alla Isab di Siracusa.
Oggi siamo arrivati alla resa dei conti! senza un intervento di copertura del governo — con l’ipotesi di nazionalizzazione che trapela attraverso un possibile intervento di Invitalia al 49% in ISAB — la situazione rischia di diventare insostenibile. Si tratta di una raffineria che occupa oltre 3.500 persone tra diretto e indotto, rappresenta il 20% della capacità di raffinazione nazionale ed è un importante produttore di gasolio, la cui mancanza andrebbe a pesare su un mercato tendenzialmente corto, cioè con pochi fornitori possibili in sostituzione di una filiera che in Sicilia è penalizzata anche dalle difficoltà logistiche negli approvvigionamenti tipici di un’isola. Copre poi il 20% della domanda di energia elettrica della Sicilia: significa che i prezzi potrebbero salire ulteriormente anche per i prodotti raffinati, come benzina e diesel, inasprendo il carovita dei siciliani anche sugli alimenti.
Il presidente della regione Sicilia, Nello Musumeci, sta provando a sensibilizzare il ministero dello Sviluppo guidato da Giancarlo Giorgetti. La viceministra Alessandra Todde, non a caso, ha appena avviato un tavolo di confronto per capire l’impatto della crisi, in cui proprio oggi si terrà la prima riunione. Il Mise però al momento non può intervenire perché Priolo non è un’area di crisi, di fatto l’azienda al momento funziona e non si sa fino a quando questo accadrà. In un corposo rapporto finito sul tavolo del ministero di via Veneto sono però finiti i numeri con cui Musumeci ritiene di dover lanciare l’allarme e per questo chiede che venga riconosciuta dicitura di «area industriale di crisi complessa« per accedere ai fondi europei (e nazionali) a cui legare anche quelli per la transizione energetica agganciati al Pnrr, il fondo Ue del Recovery. Il ministro Giorgetti sta valutando di poter esaudire la richiesta se ci saranno le condizioni.
Il Polo industriale di Siracusa “è caratterizzato da una forte interconnessione fra tutte le aziende presenti e cioè l’Isab, gruppo LUKOIL, la Sonatrach Raffineria Italia srl, la Sasol Itay spa, la Versalis spa, la ERG srl, l’AIR Liquide Italia spa e l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Sicilia Orientale. La conseguenza principale di questi rapporti è che, se anche una delle aziende dovesse interrompere la propria produzione, l’intero comparto entrerebbe in una crisi difficilmente risanabile”, recita la nota di Palazzo d’Orleans.
Da un lato, Isab fornisce nafta alla Versalis, la quale a sua volta vende le sue materie prime alla Isab stessa; Sonatrach fornisce materie prime alla Sasol Italy, la quale le trasforma e le restituisce in parte come jet fuel anche a Versalis. Air Liquide vende i prodotti finiti alla Isab e fornisce idrogeno sia alla Isab che alla Sonatrach, spiegano fonti regionali.
Il valore aggiunto prodotto del Polo Industriale nel 2020 è stato pari a circa 700 milioni di euro. Nel Polo operano complessivamente, fra diretti ed indiretti, circa 7.500 addetti. Le risorse umane coinvolte sono rappresentate da personale operativo turnista (impiegati ed operai) altamente qualificato e specializzato addetto alla conduzione degli impianti. Si è consolidata nel tempo al suo interno una diffusa esperienza professionale di saldatori, meccanici, tubisti, valvolisti, elettrotecnici e sistemisti che, a seguito del progressivo ridursi della manodopera richiesta, è stato utilizzato efficacemente anche in appalti assunti all’estero dalle imprese locali. Un indotto ora a rischio futuro oltre all’ennesima batosta per il territorio siciliano dopo la tragedia del Covid.