Ponte sullo Stretto: sbagliare è umano, perseverare sarebbe diabolicamente dannoso
Il ponte sullo Stretto di Messina è un’opera necessaria non solo alla Sicilia o all’Italia, ma all’Europa. Per una ragione semplicissima: perché metterebbe il continente europeo, e quindi la sua economia, in grado di poter avere una piattaforma logistica avanzata nel Mediterraneo. Semplicissima ma, a quanto pare, impossibile da comprendere per i molti che in passato ne hanno parlato a sproposito e per coloro che, anche dopo le recenti dichiarazioni del presidente del Consiglio Matteo Renzi che hanno fatto tornare di moda il progetto, hanno continuato a farlo. Degni eredi dei diversi politici inadeguati che avevano bloccato l’intuizione con scelte superficiali.
L’intuizione non era stata solo del governo italiano (il ministro per le Infrastrutture e i Trasporti Pietro Lunardi ne era stato un forte sostenitore): la realizzazione di un corridoio che collegasse Berlino con Palermo aveva trovato uno “sponsor” europeo nella commissaria ai Trasporti Loyola de Palacio che aveva intuito le potenzialità di collegamenti efficaci per la competitività dell’economia europea. Realizzare le grandi reti di comunicazione, definite Ten, apparteneva infatti a un disegno ben preciso. E il corridoio Palermo – Berlino, in particolare, derivava dall’intuizione che con il raddoppio del Canale di Suez l’Europa doveva rafforzare la propria competitività, con la piattaforma logistica, prima che i Paesi del Nord Africa realizzassero, come poi avvenuto, una rete di porti d’accoglienza. La nuova piattaforma, collegando la Sicilia attraverso il ponte al resto del Vecchio Continente, avrebbe risposto a questa funzione. Per queste ragioni l’opera sarebbe stata quasi totalmente finanziata da fondi comunitari. Purtroppo però gli algidi finanzieri, forse senza comprenderne la portata, avevano deciso di annullare con un tratto di penna quello che oggi il presidente Matteo Renzi vorrebbe rilanciare. Con una “piccola” differenza: oggi i costi saranno a carico sul nostro Paese. Una ragione per fare nuovamente dietrofront? Nemmeno per sogno: le ricadute per l’economia del popolo siciliano saranno ragguardevoli (posti di lavoro, richiamo turistico, ricaduta sull’indotto) e per questo il progetto va in ogni modo portato avanti. Nessuno vuole addentrarsi in valutazioni politiche, se l’annuncio abbia o meno una valenza sui consensi: l’opera è utile e oggi si aggiunge una ragione in più per andare avanti, visto che la Cina ha dato il via libera a un collegamento con il treno che collega Chengdu con Rotterdam. Un nuovo concorrente pericoloso per i collegamenti marittimi che richiedono oggi 40 giorni. Ma evitando di bypassare l’Italia le navi potrebbero recuperare sette giorni di navigazione. Se i porti italiani venissero rapidamente messi in condizione di essere in grado di accogliere e gestire le merci (non dimenticando che il treno porta solo 80 container) il Ponte troverebbe ancor più la propria convenienza…
Paolo Uggé, presidente Fai Conftrasporto e vicepresidente Confcommercio